Bentrovato dedaliano, sono sempre Ilaria, e sono qui per proseguire con qualche consiglio da darti per poter essere un bravo sceneggiatore o sceneggiatrice.
Andiamo subito al sodo, dunque, e, dopo averti accennato nella prima parte dell’articolo a sviluppo dell’idea, personaggi e ambientazioni, vado a elencarti gli altri aspetti importanti di cui dovrebbe tener conto un bravo sceneggiatore.
Sommario
4. Strumenti utili per lo sceneggiatore: il Trattamento
Non stiamo parlando di massaggi e creme di bellezza o di sedute terapeutiche, ovviamente. Un buon sceneggiatore sa che per realizzare uno script ben calibrato e distribuito in modo corretto nel limite di pagine che il suo editore gli ha indicato, dovrà prima avere chiara in mente la storia per intero, dal primo all’ultimo foglio.
Per far questo svilupperà un Trattamento, che altro non è se non la descrizione sintetica di ciò che accade in ogni singola tavola della storia, espressa in forma discorsiva.
Stilandolo, si potrà anche scegliere di raggruppare per blocchi le azioni e le scene più lunghe che si svolgono nell’arco di più tavole.
Nel trattamento, lo sceneggiatore può inserire elementi ambientali, se utili da riportare in sceneggiatura, può specificare gli stati d’animo dei personaggi e persino accennare a ciò che si diranno, purché in forma di discorso indiretto.
In genere si attesta attorno a una decina di pagine al massimo (anche se molto dipende dalla lunghezza complessiva della storia). Attenzione, però a distinguerlo dal “soggetto”.
In cosa differiscono soggetto e trattamento
Nel soggetto lo sceneggiatore riassume in venti o trenta righe ciò di cui parla la storia, in maniera essenziale, finale incluso. È quello che in narrativa chiameresti sinossi.
Il trattamento, invece, è una sorta di estensione del soggetto e al contrario di quest’ultimo, che non deve contenere descrizioni, dettagli, dialoghi diretti o indiretti, va a raccontare molto di più.
Per fare un parallelismo con la narrativa, lo scrittore redige solitamente una scaletta, in cui riassume per grandi linee ciò che accadrà in ogni capitolo. Per lo sceneggiatore, invece, il parametro non sono i capitoli, ma le singole pagine.
Nel fumetto, però, ci sono due scuole di pensiero: per alcuni, infatti, trattamento e scaletta sono la stessa cosa; per altri la scaletta va a dettagliare ulteriormente la tavola. Diventa così una sorta di elenco di vignette per ciascuna pagina, con una descrizione sommaria di quanto accade in ciascuna di esse.
Organizza al meglio il tuo lavoro di sceneggiatore
La scaletta, quindi, diventa uno strumento a sé. In tal caso il suo utilizzo è puramente facoltativo e può essere sostituita da uno storyboard molto abbozzato.
Il trattamento, in qualsiasi modo lo si voglia intendere, è fondamentale per lo sceneggiatore, per redigere una buona sceneggiatura. Lo è in primis per sé, perché, come dicevo, gli consente di dosare bene gli eventi nella totalità di pagine in cui può spaziare. Per gestire l’arco narrativo in maniera tale da non doversi rendere conto, proprio sul finire delle tavole concesse, che la storia è appena alla metà.
Non solo. Poiché all’editore non si propone mai un progetto finito, ma solo un intento con alcuni studi e tavole di prova, lo sceneggiatore sa che se questi è intenzionato a pubblicarlo gli chiederà prima di visionare il trattamento.
Già su questo, l’editor di turno potrà esprimere un parere e stabilire se vi siano parti da accorciare o allungare, scene da eliminare per dare un ritmo diverso, o da aggiungere per comprendere meglio la sequenzialità degli eventi, prima di dare il benestare per la sceneggiatura vera e propria.
Quest’ultima verrà a sua volta sottoposta a ulteriore editing e approvazione, prima di passare nelle mani del disegnatore.
5. Un bravo sceneggiatore è come un musicista, racconta al giusto ritmo
Tralasciando tutte le buone regole di scrittura che accomunano qualsiasi narrazione (scrivere un buon incipit, show don’t tell, evitare infodump e così via), uno sceneggiatore esperto sa che nel fumetto lo scorrere del tempo è importante. E altrettanto è lo spazio bianco tra le vignette, che consente al lettore di partecipare attivamente alla narrazione, riempiendo quello spazio con la propria inferenza.
Ciò che quindi dovresti sapere, mio caro dedaliano sceneggiatore in erba, è che la dimensione delle vignette dà il senso dello scorrere del tempo.
In una vignetta singola, il tempo è più breve e scorre decisamente più veloce (anche perché il lettore ci metterà di meno a guardarla e a leggerne i testi). Di contro in una doppia, o in altre di dimensioni maggiori, il tempo sarà più lungo e scorrerà più lento.
Lo spazio è maggiore e proprio per questo avrà più ampio respiro. A livello visivo, il lettore la percepirà come qualcosa di più “dilatato”, anche se dovesse contenere pochi dettagli e scarsa profondità di campo.
La stessa cosa dicasi per lo spazio bianco tra le vignette. Quanto più questo sarà stretto, minore sarà il tempo che scorre tra le azioni. Per cui minore sarà anche l’inferenza del lettore, in quanto gli vengono presentate sequenze abbastanza contigue.
Raccontare, ma saper anche nascondere
Lo sceneggiatore deve saper dosare e inserire nel momento opportuno anche gli stacchi, perché pure questi contribuiscono a determinare lo scorrimento del tempo e di conseguenza il ritmo. Ne esistono diversi tipi e ognuno di essi ha varie funzioni, ma qui non possiamo elencarli.
Ciò che importa sapere, invece, è che nell’influire sul ritmo narrativo lo stacco consente di scegliere come collocare le ellissi in una storia (dal greco elléipein, cioè mancante), le sospensioni.
Uno sceneggiatore in gamba saprà cosa mostrare o no al lettore, per poi rivelarlo al momento opportuno.
E non solo a livello narrativo, dal punto di vista grafico può persino far sì che il disegnatore mimetizzi alcuni elementi all’interno della tavola, affinché al lettore passino inosservati.
Questi potrà sempre verificarne l’esistenza in un momento successivo, rendendosi conto che lo sceneggiatore non era intenzionato a “prenderlo in giro” e che nessun patto narrativo è stato violato.
Sia che si tratti di indizi nascosti graficamente, sia di sospensioni mediante stacchi sulle azioni, potrai decidere cosa rivelare subito a chi legge e cosa no.
6. La sceneggiatura tout court: una buona formula per la stesura
Caro aspirante sceneggiatore, ci siamo. Dopo aver compiuto questi primi cinque passi, sei pronto per realizzare una sceneggiatura vera e propria. Ma come andrà scritta, con esattezza?
Esiste uno schema abbastanza preciso da seguire, una struttura. La vera bravura dello sceneggiatore starà quindi nella regia, nella scelta delle giuste sequenze, nel ritmo da dare alla storia, nella recitazione dei personaggi e nella credibilità dei dialoghi. Oltre, ovviamente, all’ideazione della storia e al suo dipanarsi.
La struttura della sceneggiatura
A livello formale, in pratica, non c’è qualcosa di realmente creativo, è un layout abbastanza standard.
Lo schema da utilizzare prevede: numero della tavola, numero di ciascuna vignetta, a seguire la dimensione di questa (solo se maggiore di una normale singola); l’ambito temporale (se è un esterno o un interno, giorno o altro momento della giornata), tipologia di inquadratura, descrizione di cosa c’è nell’ambiente, recitazione dei personaggi (che postura hanno, che stato d’animo esprimono).
A seguire, separati dalla descrizione della vignetta, lo sceneggiatore riporterà i dialoghi di ciascun personaggio e la “colonna sonora”. Vale a dire rumori, suoni e onomatopee.
Circa l’onomatopea, oltre a specificare quale suono rappresenti e in quale punto della vignetta vada inserita, dev’essere scritta così com’è (CRASH, BOOM, BANG, eccetera).
Completata la stesura della tua prima bozza, come in ogni scrittura sarà importante una rilettura (e non solo una), dalla quale potrai intuire se hai fatto un buon lavoro o meno. Uno sceneggiatore saprà di aver fatto un buon lavoro se:
- la sceneggiatura scorre come un romanzo ed è facile visualizzare le scene leggendo, perché scivola senza intoppi nella mente come un film.
- Si comprende come si muovono i personaggi e come ogni azione potrà essere rappresentata graficamente dal disegnatore.
- Riportata su uno storyboard, si riesce a capire benissimo la sequenza e la logica delle azioni, pur mancando i dialoghi.
- Giunto alla fine della sceneggiatura, lo stesso sceneggiatore si sente soddisfatto, pur non essendoci, magari, un lieto fine.
In conclusione
Per riassumere ciò che ti ho suggerito in questi due articoli, andando a un livello meta (cioè al di sopra dell struttura che dovrai seguire), come sceneggiatore avrai realizzato un lavoro valido se:
- avrai saputo dosare i giusti elementi narrativi,
- avrai creato dei buoni personaggi e li avrai fatti recitare bene,
- le ambientazioni saranno credibili e coerenti,
- avrai distribuito gli eventi in un arco narrativo ben bilanciato,
- avrai narrato in maniera fluida, con una buona regia e un giusto ritmo.
Bene, caro dedaliano. Siamo dunque giunti al termine. Come sempre, lasciaci pure i tuoi commenti o quesiti, se ti va. Gli hashtag da utilizzare saranno #sceneggiatura e #ioleggotutto.
Ti do appuntamento alla prossima volta. Felice primavera.
Nessun commento