descrizioni

Ben ritrovato, dedaliano!
Nella prima parte del mio ultimo articolo, ormai parecchio tempo fa, mi ero occupato di un elemento fondamentale in narrativa: l’ambientazione. Oggi vorrei concludere il discorso parlandoti di un argomento strettamente connesso…

Le descrizioni

Una volta scelto il luogo dove si svilupperà l’azione del romanzo e in cui si muoveranno i personaggi, dovremo impegnarci a scrivere le descrizioni dell’uno e degli altri. A questo scopo abbiamo a disposizione uno strumento di importanza primaria: l’aggettivo. La nostra splendida lingua ne possiede tanti, quindi basterà infilarli nella narrazione a piene mani ed ecco risolto il problema, giusto?
Eh, no: non è così semplice, purtroppo.

Il luogo

Le descrizioni dei luoghi

Luigi spinse la porta con difficoltà ed entrò. La piccola stanza era quasi buia e piena di polvere, c’erano tanti mobili vecchi e oggetti ormai inutili accatastati gli uni sugli altri.

Cosa c’è che non va in queste brevi descrizioni? Be’, nulla di particolare in apparenza, ma l’immagine che il lettore ne ricava è statica: una specie di fotografia sfocata, che non gli permette di rendersi conto con esattezza dell’ambiente in cui si muove Luigi.
Vediamo di renderla più viva, allora.

Luigi spinse la porta sgangherata e si ritrovò in un ambiente buio, appena rischiarato dal debole spiraglio di luce che proveniva da un lucernario incrostato dalle deiezioni degli uccelli. L’aria era talmente stantia che quasi non riusciva a respirare. Mosse un passo, inciampò in qualcosa di morbido e cadde in avanti. Si sollevò una nuvola di polvere che lo fece starnutire e tossire fino alle lacrime.
Gli occhi iniziavano ad abituarsi all’oscurità e scoprì di trovarsi in ginocchio su un sacco di concime. Una credenza sfasciata occupava la parete di sinistra e tre seggiole decrepite erano allineate su quella di destra. Si rialzò e cercò di farsi largo tra vasi di terracotta impilati, assi marce e una montagna di libri sbrindellati accatastati sul pavimento di legno, che scricchiolava a ogni passo.

Cos’è cambiato? Abbiamo aggiunto dettagli e li abbiamo resi più precisi, scegliendo aggettivi e sostantivi concreti. La stanza piccola e quasi buia, i mobili vecchi, gli oggetti inutili ora hanno preso una dimensione, un aspetto fisico e una consistenza che ci permettono di muoverci nella stanza assieme a Luigi.
Tutti gli aggettivi generici – grande, piccolo, grosso, vecchio e simili – risultano poco efficaci, perché sono filtrati attraverso il pensiero di chi scrive e non consentono a chi legge di “entrare in scena”; quanto è alto un mobile grande: un metro, due? O è un armadio che sfiora il soffitto?

Ma i cambiamenti non si fermano qui: ora chi legge percepisce l’ambiente attraverso i sensi di Luigi. Oltre alla vista, infatti, entrano in gioco l’odorato (l’aria stantia, la nuvola di polvere che fa starnutire), il tatto (qualcosa di morbido) e l’udito (il pavimento che scricchiola): non è più un racconto fotografico di ciò che è apparso agli occhi di Luigi, ma il lettore vede, annusa, tocca e ascolta assieme a lui.

Ora che abbiamo descritto la scena dove si svolge l’azione, dovremo curarci degli attori che vi prendono parte.

I personaggi

Quando i protagonisti della nostra storia entrano in scena vorremmo che il lettore li potesse vedere proprio come ce li siamo immaginati e corriamo il rischio di eccedere nei dettagli, esagerando in descrizioni che sembrano più che altro una vera e propria lista: altezza, corporatura, età, colore degli occhi e dei capelli, abiti e calzature.

Maria udì bussare. «Avanti» disse.
Luciano entrò. Alto più di un metro e ottanta, dimostrava una trentina d’anni, era robusto ma non grasso. Aveva capelli biondi piuttosto lunghi e occhi azzurri, naso imponente e labbra carnose. Vestiva un completo grigio d’alta sartoria e dal colletto della camicia di un blu elettrico spuntava un papillon nero. Ai piedi calzava un costoso paio di scarpe italiane.

Così abbiamo disegnato una figurina; una descrizione non necessita di tutti questi particolari elencati uno dopo l’altro. Concentriamoci su un paio di dettagli che possano caratterizzare il personaggio al suo primo apparire; il resto, se è importante, troveremo il modo di rivelarlo in seguito, tramite le sue azioni o le battute di dialogo.

Maria udì bussare. «Avanti» disse.
La porta si spalancò e il giovane si fece avanti, preceduto da un’intensa zaffata di profumo dalle note floreali. Le labbra carnose erano atteggiate a un sorriso estroverso.
«Oh, sant’Iddio» esclamò lei, «ma c’era bisogno di mettersi così in ghingheri? Addirittura il papillon, è soltanto una festa di compleanno!»
Luciano la fissò con aria contrita. «Scusa» disse ravviandosi il ciuffo che scendeva a coprirgli gli occhi, «pensavo che…»
«Va be’, dai, non ha importanza. Sbrighiamoci, se no faremo tardi. Prendi tu il pacco regalo, per favore.»
«Sì, ma dove…»
«Lassù in cima» disse lei, indicando l’armadio. «Mio marito pensa sempre che tutti siano delle giraffe come lui.»

Meglio, no? Siamo riusciti a far capire che è vestito come un damerino anche senza descrivere tutto ciò che indossa e alcuni particolari, i capelli lunghi e l’altezza, sono già emersi dalle battute di dialogo; gli altri troveremo il modo di inserirli in seguito. Per di più dal suo atteggiamento siamo riusciti a far trasparire qualche elemento del carattere: ora Luciano non è più una figurina, ma un personaggio vero.

Un ultimo consiglio prima di lasciarti, dedaliano: parlando delle descrizioni, ti ho parlato prima di certi aggettivi generici che non permettono al lettore di percepire con chiarezza la scena; lo stesso vale per alcuni avverbi, come quasi, piuttosto, circa, abbastanza e simili. Se proprio non riusciamo a eliminarli del tutto, limitiamone il più possibile l’uso perché tolgono vividezza a ogni descrizione.

Se vuoi approfondire ancora l’argomento, puoi leggere questo articolo, molto chiaro ed esauriente.
Continua a seguirci…

Ti aspettiamo all’altro capo del filo, dedaliano!

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