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genere fantascienza

Caro dedaliano, sono David e oggi ti accompagnerò in un viaggio esplorativo attraverso un genere complesso, controverso, affascinate e a volte ingiustamente bistrattato: stiamo parlando della fantascienza.

Perché la fantascienza è un genere così importante?

Si tratta di un genere a me assai caro, un genere che scrivo spesso e volentieri; al di là del discorso letterario nudo e crudo, sono infatti fermamente convinto che la fantascienza abbia una grande importanza socioculturale. Questo genere restituisce meglio di tanti altri ciò che si potrebbe definire la fotografia dell’umore della razza umana. Analizzando la produzione narrativa o cine televisiva di un dato periodo, si possono infatti capire ansie e aspettative, paure e speranze di un’epoca.

Perché in fondo cos’è la fantascienza?
È l’atto creativo di chi immagina il nostro futuro. E se il futuro che si immagina è un futuro di conquiste spaziali e di innovazioni tecnologiche straordinarie, vuol dire che in questo futuro sono riposti sogni e speranze e che al futuro si guarda con ottimismo; se al contrario il futuro che si immagina è cupo e terrorizzante, dominato da una tecnologia fuori controllo che ci spia, ci manipola e ci rende schiavi… be’, evidentemente vuol dire che del futuro si ha paura e che vi si guarda con pessimismo.

Breve storia della narrativa di fantascienza e dei suoi filoni più importanti 

Per comprendere meglio quanto voglio dire è bene partire da una breve analisi di alcuni tra i tantissimi filoni e sottogeneri che compongono l’universo fantascienza. Tieni a mente che non si tratta di “sistemi chiusi” e che spesso e volentieri non solo questi filoni si sovrappongono tra loro, ma possono serenamente rientrare anche in altri generi narrativi.

Outer Space: ovvero guardare verso il cielo

La Outer Space (o Space Opera) è la classica fantascienza che parla di viaggi ed esplorazioni spaziali, di guerre tra mondi e sistemi diversi, di galassie inesplorate e chi più ne ha più ne metta. È la fantascienza del ciclo della Fondazione di Isaac Asimov ed è quella di Star Wars o di Star Trek, per intenderci. 

È la fantascienza di esplorazione, di conquista, quella che è esplosa negli anni del boom economico, quando tutto sembrava possibile. Per i non appassionati del genere, questa è la “fantascienza tout court”, la più riconoscibile e immediata: se c’è un’astronave, allora è fantascienza! 

outer space fantascienza

Innerspace: guardare dentro noi stessi

Nata negli anni ’60 dello scorso secolo, come reazione alla Outer Space, la New Wave ha iniziato a trattare la fantascienza in modo diametralmente opposto. Non si guardava più al futuro come conquista tecnologica rivolta verso l’esplorazione di un mondo esterno, ma ci si domandava quanti e quali conseguenze questo futuro avrebbe avuto sull’uomo. 

Sperimentazione, ricerca di autorialità, analisi dei conflitti interiori e sociali sono solo alcuni dei tantissimi aspetti della New Wave. Questo filone annovera, tra i suoi precursori, autori come Bradbury e Burroughs (impossibile non citare il suo Pasto nudo) e, tra i suoi esponenti, autori come Dick e Ballard; fu proprio quest’ultimo a definire il tema peculiare di Innerspace come una ricerca rivolta verso l’interno e non verso l’esterno.
L’Innerpsace, a mio avviso, è il filone che ha avuto nel corso degli anni un’evoluzione maggiore. Oggi ha superato i limiti del genere di appartenenza, rendendolo di fatto ibrido e riconoscibile.

L’universo fantastico

La fantascienza è un universo narrativo legato alla scienza, a un futuro più o meno prevedibile in base alle aspettative sul progresso scientifico. Il processo creativo che la anima è legato a doppio filo all’avanzare delle nuove tecnologie.
Questo progresso, oggi, è in massima parte dedicato all’uomo e ai suoi rapporti. Qualche decennio fa, pensando agli anni ’20 di questo secolo, si immaginava che tutti avremmo avuto una macchina volante, o qualcosa del genere. Le nostre automobili sono invece rimaste ben salde a terra, mentre è successo qualcos’altro. L’evoluzione tecnologica portata dalla rete, dagli smartphone e dai social ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere, di pensare e di rapportarci agli altri.

La fantascienza si è adeguata. Se prima le persone sognavano guardando al “grande e lontano” (il razzo che va nello spazio), con il passare del tempo l’interesse si è spostato verso il “piccolo e vicino”: i computer, gli smartphone, il digitale. 
E così anche il Cyberpunk, ovvero il filone di fantascienza relativo al “virtuale”, era inizialmente relegato a una nicchia estremamente tecnica che aveva come punto di riferimento Neuromante di William Gibson; poi, con il passare degli anni, è diventato sempre più fruibile e commerciale: basti pensare all’impatto culturale di Matrix e compagnia bella. In un modo o in altro, tutti questi fenomeni possono oggi rientrare in quello che decenni fa Ballard definì Innerspace. Basti pensare all’approccio della serie Black Mirror e a come tratta il rapporto e le connessioni tra nuove tecnologie, uomo e società.  

Filoni “chiusi”

Ci sono poi dei filoni più chiusi, per così dire, perché in realtà formano dei veri e propri sottogeneri a sé stanti. Questi filoni in un certo senso sono sempreverdi e immutabili: il Viaggio nel tempo, l’Apocalittico, il Post Apocalittico, l’Ucronia e la Distopia.   
Per quanto riguarda i primi tre, capire di cosa trattano è abbastanza intuitivo. Il Viaggio nel tempo riguarda tutto ciò che tratta questo argomento e le sue varianti, come il butterfly effect (che alcuni dicono prenda il nome proprio dal racconto del 1952 Rumore di tuono, di Bradbury).

Anche l’Apocalittico e il Post Apocalittico sono ben conosciuti e riconoscibili da tutti, anche dai non appassionati: guerre, zombie, pandemie, meteoriti, glaciazioni… alla fine la civiltà ne esce devastata e praticamente distrutta. Chiaramente, il filone Apocalittico narra della catastrofe in corso, il Post Apocalittico di quello che rimane dopo la catastrofe e dei sopravvissuti. 

Distopia e Ucronia sono invece sottogeneri spesso confusi tra loro, anche se differenti. La Distopia (o anti-utopia) è la narrazione di un futuro terrorizzante e spaventoso; 1984 di Orwell e Fahrenheit 451 di Bradbury sono romanzi distopici.
L’Ucronia è invece la narrazione di una Storia alternativa: il nostro mondo immaginato come sarebbe se un certo evento storico fosse stato diverso. La svastica sul sole di Dick, per esempio, è un romanzo ucronico. 

L’intelligenza artificiale 

Per concludere questa breve carrellata è doveroso fare almeno un cenno anche a un altro tema peculiare della fantascienza: l’intelligenza artificiale. Il rapporto tra umani da una parte, IA (computer, macchine o androidi che siano) più o meno consapevoli e senzienti dall’altra. Anche in questo caso, uno dei fondatori del genere è Isaac Asimov: le sue tre leggi della robotica continuano ancora oggi a essere citate e utilizzate. 

AI fantascienza

La fantascienza di oggi e il suo pessimismo cosmico

Ora, una delle cose che saltano subito all’occhio, analizzando i filoni e i sottogeneri della fantascienza, è quel peculiare pessimismo, quasi terrorizzante, che li accomuna.
Intelligenze artificiali che prendono il comando, App che ci rendono schiavi, catastrofi climatiche, astronomiche o biologiche, dittature più o meno tecnologicamente sofisticate che ci spiano, ci manipolano e ci controllano… la fantascienza di oggi ci restituisce una grande verità: a farla da padrone è un innegabile pessimismo di fondo.

Nella narrativa fantascientifica degli anni del boom economico e della corsa allo spazio si percepiva la curiosità per la scoperta. Avevamo fiducia in un progresso che ci avrebbe fatto conquistare il cosmo e portati chissà dove. La paura era spesso relativa al chi o al cosa avremmo trovato lì fuori. 

Oggi l’approccio è cambiato

La fantascienza ha iniziato a non guardare più alle stelle e allo spazio ma dentro di noi. Man mano che il progresso scientifico si è allontanato dal concetto di conquista verso l’esterno, è stato sempre più chiaro che se di qualcosa dobbiamo avere paura… quel qualcosa siamo noi.
Il nuovo millennio ha portato al paradosso di una narrativa fantascientifica che ha perso molto del suo appeal (con un’evidente carenza di autori e di interesse dei lettori). Al contrario, i prodotti cinetelevisivi legati al genere continuano a macinare guadagni e interesse. 

Torniamo a quanto detto prima. Questi prodotti sono quasi tutti cupi e terrorizzanti quando si parla di rapporti tra nuove tecnologie e uomo (il già citato Black Mirror ne è un esempio calzante); pescando dalla narrativa più o meno recente, soprattutto quando si tratta di distopie, il risultato è identico (Il racconto dell’ancella della Atwood, Hunger Games della Collins). 
Nulla di strano che piacciano: è la fascinazione dell’orrorifico, che fa parte del nostro bisogno di storie di un certo tipo. Strano e sconfortante è, semmai, che questo bisogno debba essere soddisfatto oggi in modo così totalizzante da un genere che, al contrario, più degli altri potrebbe e dovrebbe far sognare le persone mostrando loro il futuro e ciò che sarà. 

Non è un caso che tanti romanzi di Stephen King (per citare il più famoso degli scrittori horror) possano essere considerati ibridi fantascientifici. L’ombra dello scorpione è un apocalittico/post apocalittico, così come è un post apocalittico la saga della Torre nera; il romanzo 22/11/63 tratta di viaggi del tempo e di ucronia, e tantissimi altri romanzi del maestro dell’orrore potrebbero essere annoverati come ibridi fantascientifici.

futuro fantascienza

Conclusioni: la rinascita della fantascienza è possibile?

Ricapitolando: oggi la narrativa di fantascienza non può essere certo considerata una narrativa di serie A, e si può affermare che aspetti la sua resurrezione.
Al contrario, la fantascienza continua ad andare di moda (e a generare introiti enormi al settore) nel cine televisivo. Lo fa sostanzialmente nella sua forma più cupa e terrorizzante legata al sempreverde distopico. Tutto ciò che riguarda conquista e scoperta, eroi e grandi saghe, è appannaggio quasi esclusivo della Disney e di Star Wars, che fa storia a sé, se non addirittura quasi “genere” a sé.

Forse il punto è proprio questo. Quello che manca oggi alla narrativa di fantascienza è l’essere propositiva. A parte rari casi (come The Martian di Weir, da cui è stato anche tratto un fortunato film), mancano da una parte storie legate a un futuro possibile che riporti l’uomo come protagonista di una sfida di conquista verso il mondo esterno; dall’altra mancano nuovi eroi, nuove grandi saghe, nuove grandi avventure capaci di far appassionare una generazione dopo l’altra.

Ecco, forse la narrativa di fantascienza tornerà ad avere il giusto rispetto e la giusta rilevanza, come genere letterario, quando verranno fuori degli autori capaci di far sognare le persone e di prospettare loro un futuro almeno potenzialmente migliore. 

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