Ben ritrovato, dedaliano!
Oggi cercherò di approfondire un elemento fondamentale di ogni romanzo: il dialogo tra i personaggi.
Nel titolo dell’articolo ho parlato di opportunità e di incubo perché, se da una parte i dialoghi costituiscono un’eccezionale risorsa narrativa, dall’altra possono tramutarsi in un vero e proprio spauracchio.
Le opportunità
A cosa servono i dialoghi?
A tantissime cose, in realtà: vediamo nel dettaglio almeno le principali.
Innanzitutto ci aiutano a descrivere i personaggi: sia l’aspetto fisico e il modo di vestire sia le caratteristiche psicologiche.
Come già vi ha spiegato Francesca nell’articolo sul famigerato infodump, fare un identikit di ogni personaggio che entra in scena, oltre a essere una scelta narrativa di dubbio gusto, è quasi sempre del tutto inutile. Fornita un’immagine fugace del nuovo arrivato, affinché il lettore lo metta a fuoco, tutte le altre informazioni si possono introdurre attraverso il dialogo e le azioni che lo accompagnano.
Qualche esempio
Carlo indossa un bizzarro paio di bretelle a pois e porta degli occhiali da miope? Ecco un modo per farlo sapere al lettore senza annoiarlo:
«Ciao Elvira, scusa il ritardo.»
«Ma come ti sei conciato? Le bretelle a pois per un funerale?»
«Oh, cavolo, hai ragione, non ci ho pensato. Piuttosto, hai portato…»
«Eccolo» disse lei, allungandogli una copia del testamento.
Carlo si sfilò gli occhiali e iniziò a leggere.
Gli incontri tra i personaggi, e i loro scontri, servono poi a modulare la tensione. Per quanto il narratore sia abile nell’esposizione, infatti, il dialogo fa emergere le emozioni in maniera molto più chiara.
Un passaggio del genere, per esempio:
Con i palmi delle mani appoggiati sul tavolo e rosso in viso, Carlo fremeva di rabbia a stento trattenuta. Non credeva una sola parola di quanto Marianna gli aveva riferito ed era sicuro che lei lo tradisse.
Ha tutto un altro impatto se lo trasformiamo in un dialogo tra i protagonisti.
«Dunque, vi sareste incontrati per caso?»
«Certo, caro. Ero passata dalla fiorista per ordinare una corbeille da inviare a…»
«Ma fammi il piacere! Come se non sapessi che è proprio lei a organizzare i vostri incontri!»
Le informazioni nei dialoghi
C’è un’altra funzione molto importante che i dialoghi possono assolvere: quella di trasmettere informazioni. A volte, infatti, è necessario fornire certe notizie che rischiano di spezzare il ritmo della narrazione e risultare pesanti. Se però riusciamo a filtrarle attraverso battute di dialogo il risultato è più accattivante.
Carlo era impaziente di conoscere il vecchio professore, per il quale la moglie aveva una sorta di venerazione. Ormai prossimo alla pensione, Giulio Ardenzi insegnava al liceo “Verga” da più di trent’anni e doveva prendere ogni mattina il treno delle sei e cinquanta per raggiungere l’istituto in tempo per l’inizio delle lezioni. Complici i primi acciacchi dell’età, quell’ultimo anno scolastico doveva sembragli interminabile…
Può trasformarsi in un dialogo molto più snello.
«Professor Ardenzi, è un piacere conoscerla di persona. Luciana mi parla sempre di lei, la trovo in splendida forma!»
«Giovanotto, lei è un adulatore» rispose il vecchio, porgendogli una mano nodosa. «Non direbbe così, se sapesse che fatica è prendere ogni mattina quel maledetto regionale. Ah, ma se Dio vuole, tra qualche mese…»
Ma come ti ho detto all’inizio, caro dedaliano, c’è il rovescio della medaglia: un dialogo condotto male può risultare disastroso e trasformarsi in un vero e proprio
Incubo
Uno degli errori più comuni è quello di non riuscire a connotare gli interlocutori: quando ciò accade i personaggi finiscono per parlare tutti con una stessa voce, quella dell’autore. Ognuno di loro deve avere invece un proprio modo di esprimersi, frutto dell’età, della cultura e dell’ambiente sociale di provenienza. Attenzione però a non cadere nell’errore opposto, quello cioè di volerli caratterizzare a tutti i costi: in quel modo si rischia di creare delle macchiette.
Un docente universitario di certo si esprimerà in maniera diversa dalla portinaia dello stabile in cui abita, ma occhio a non esagerare: il professore non le si rivolgerà come se si trovasse al cospetto dei suoi studenti e la donna non gli risponderà in dialetto, se quella è la sua abitudine.
L’uno e l’altra cercheranno insomma di venirsi incontro e le loro voci risulteranno alla fine più simili del previsto. Simili, ma non identiche. A distinguerle potrà essere un singolo vocabolo di uso poco comune che sfugge a lui o un’incertezza linguistica che lei non riesce a evitare.
Ho citato tra le opportunità quella di trasmettere informazioni; se mal gestita, tuttavia, può creare mancanza di naturalezza.
«Paola, dov’è andata Sara?»
«Ma caro, nostra figlia è andata dalla parrucchiera di viale Dante, come tutti i sabati.»
Senti come suona innaturale la risposta della moglie? L’autore intendeva far sapere al lettore che la coppia ha una figlia di nome Sara e che la parrucchiera esercita l’attività in quella via, ma non è credibile che la donna risponda così: il marito sa come si chiama la ragazza e di certo conosce l’indirizzo del negozio, se è vero che la figlia ci va ogni settimana.
La lunghezza dei dialoghi
Anche i dialoghi troppo lunghi possono rivelarsi un impiccio. Succede che certi scambi di battute rivestano un’importanza fondamentale nel romanzo, ma se si protraggono per diverse pagine l’attenzione del lettore finirà per allentarsi in ogni modo. Quando per esigenze narrative il dialogo non può essere ridotto, dovremo ricorrere a degli espedienti per interromperlo: qualcuno che bussa alla porta, un telefono che suona, un evento che si produce sotto le finestre della stanza… Quel breve intermezzo permetterà di scaricare la tensione e alla ripresa del dialogo il lettore sarà di nuovo concentrato sulla vicenda.
Infine un accenno ai dialogue tags, le espressioni usate per attribuire la battuta a un personaggio, che meriterebbero un articolo a parte, tante e tanto diverse tra loro sono le opinioni in merito. Ci sono scrittori che ne fanno largo uso e altri che le riducono al minimo, c’è chi si limita ai “disse”, “chiese” e “rispose” e altri, Ludlum era uno di questi, che abbondano in “ribatté”, “interruppe”, “bofonchiò”, “sussurrò” e via dicendo.
Nessuno ha la verità in tasca, quindi ti consiglio di dare il giusto peso a certe affermazioni troppo radicali che leggerai. In questo articolo in inglese puoi trovare alcune semplicissime considerazioni espresse in maniera chiara e mai saccente.
Continua a seguirci…
Ti aspettiamo all’altro capo del filo, dedaliano!
Una risposta
[…] ritrovato, dedaliano!Nel mio ultimo articolo ti avevo parlato dei dialoghi, precisando che possono ricoprire anche una funzione descrittiva. Vorrei approfondire […]