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Bentrovato, dedaliano! Mi chiamo Adriano e sono un editor. Oggi voglio parlarti di un argomento che mi sta molto a cuore: le emozioni.
Le emozioni fanno parte della nostra vita, aiutano a definire ciò che siamo, ed è naturale ritrovarle anche nei personaggi di romanzi e racconti; anzi, le emozioni ci aiutano a immedesimarci in loro, soprattutto nei protagonisti, perché li rendono umani e simili a noi.

Esistono vari metodi per manifestare le emozioni dei personaggi; in questo articolo ti illustrerò quelli più diffusi, spiegandotene anche l’efficacia e quando convenga utilizzarli.

Citare le emozioni

Il primo metodo è il più semplice di tutti. Consiste nel dichiarare in forma esplicita l’emozione che si vuole trasmettere:

  • Michele ha paura.
  • Laura era triste.
  • «Non farlo mai più!» disse Davide con rabbia.

Questo è il metodo adottato principalmente dagli scrittori in erba, proprio per la sua immediatezza e semplicità. Purtroppo, però, non si tratta di un buon metodo; anzi, potremmo definirlo il peggiore fra quelli più diffusi.

Ogni individuo manifesta le proprie emozioni in maniera differente, e così deve accadere anche con i personaggi di un romanzo. Cosa significa che Michele ha paura? Che cosa provoca in lui? Come si manifesta la rabbia di Davide mentre parla? Non lo sappiamo, perché paura e rabbia sono termini astratti e non indicano manifestazioni visive. Sono poco evocativi e non spingono il lettore a dedurre il significato della scena, perché le emozioni gli vengono rivelate apertamente.

Questo metodo andrebbe usato il meno possibile, e solamente nei casi in cui è necessario mostrare le emozioni e non c’è altro modo per farlo.

Emozioni 1: Laura era triste.

Sfruttare i verbi dichiarativi

Il secondo metodo si basa sull’uso dei verbi dichiarativi. Cos’è un verbo dichiarativo? Si tratta di quei verbi che aprono o chiudono i dialoghi, come disse, domandò, rispose, e servono a identificare chi sta parlando. In questo caso, si utilizzano i verbi dichiarativi per trasmettere le emozioni dei personaggi:

  • «Non posso» balbetta Michele.
  • Laura gemette: «Mi manca troppo.»
  • «Non farlo mai più!» urlò Davide.

Anche questo metodo è semplice da applicare e richiede al lettore di associare il modo in cui il personaggio pronuncia il dialogo alle emozioni provate, rendendolo partecipe (un lettore partecipe è più interessato a continuare la lettura, ricordatelo sempre!).

Nonostante questo, non si tratta di un metodo particolarmente efficace. Come ho scritto più in alto, ogni individuo tende a manifestare le emozioni in modo diverso; i verbi dichiarativi, invece, rischiano di uniformare questa manifestazione. Non solo: possono anche distrarre il lettore, la cui attenzione dovrebbe concentrarsi sul contenuto del dialogo e non sul modo in cui viene pronunciato.

I verbi dichiarativi sono utili per identificare chi pronuncia il dialogo (a questo scopo sono sufficienti verbi neutrali come disse, domandò ecc.) oppure se il modo in cui viene pronunciato il dialogo ha un impatto sulla storia o rivela qualcosa relativo al personaggio (Michele è balbuziente; l’urlo di Davide attira l’attenzione di chi gli sta intorno); per trasmettere emozioni esistono invece metodi migliori, come vedrai fra poco.

Mostrare le emozioni tramite una reazione interna

Il terzo metodo rientra fra quelli più efficaci per mostrare le emozioni dei personaggi. Consiste nel mettere in evidenza l’effetto che l’emozione ha sul personaggio in questione:

  • Michele impallidisce.
  • Laura sentì gli occhi inumidirsi.
  • Davide digrignò i denti.

Anche in questo caso l’autore non rivela in maniera esplicita le emozioni provate dai personaggi, ma il lettore può dedurle leggendo la loro reazione. È una tecnica più difficile da utilizzare rispetto alle precedenti (bisogna capire quale reazione associare a ogni emozione e applicarla in modo corretto al personaggio, in base al suo carattere e al contesto in cui si trova), ma anche più soddisfacente.

Nonostante risulti più efficace, questo metodo andrebbe usato soltanto nei momenti più importanti della trama. Se un personaggio impallidisce o digrigna i denti troppo spesso, infatti, questa reazione diventa ripetitiva e sminuisce l’emozione stessa.

Se Laura sente gli occhi inumidirsi una sola volta in tutto il romanzo, significa che la scena in cui accade ha un forte impatto emotivo in lei (e quindi nel lettore). Al contrario, se Laura li sente inumidirsi ogni due capitoli, si ha la sensazione che questo personaggio abbia il pianto facile.

Emozioni 2: Davide diede un pugno a Carlo.

Mostrare le emozioni tramite un’azione esterna

L’ultimo dei metodi di cui voglio parlarti, caro dedaliano, è il più efficace. In questo caso, le emozioni portano il personaggio a compiere un’azione che coinvolge altri personaggi o l’ambientazione:

  • Michele si nascose dietro la porta.
  • Laura affondò la testa nel cuscino.
  • Davide diede un pugno a Carlo.

Questo è il metodo più complesso, perché mostrare le emozioni con un’azione esterna richiede molta attenzione e pazienza. Un’azione esterna, infatti, può essere associata a più emozioni, o anche a nessuna; l’autore deve quindi essere abile nel far cogliere l’associazione fra l’emozione e l’azione esterna.

Una volta trovato il giusto collegamento, il risultato è ottimo: l’emozione viene mostrata visivamente e in modo concreto, diventa reale, fa parte della scena e la influenza; poiché si tratta di un’azione contestualizzata, difficilmente capiterà ancora e allo stesso modo nel corso del romanzo. Lo sforzo maggiore richiesto al lettore per creare la connessione lo rende ancora più partecipe rispetto ai metodi precedenti, invogliandolo alla lettura.
Questo è quindi il metodo più efficace ed è quello che andrebbe usato più spesso.

Conoscevi già questi metodi per manifestare le emozioni dei personaggi? Vuoi condividerne un altro? Lascia un commento qui sotto e ti risponderò volentieri.

Ti aspettiamo all’altro capo del Filo, dedaliano!

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