Ciao, dedaliano, bentrovato.
Io sono Ilaria e ho il piacere (nonché l’onore) di inaugurare questa rubrica dedicata alla lettura e agli autori e oggi lo farò parlando di Memoria.

Gennaio è proprio il mese della Memoria, così non potevamo esimerci dal dedicare uno spazio a questa tematica; specie in un’epoca come quella attuale, di nuovo funestata da episodi d’intolleranza e antisemitismo dopo ben ottant’anni.

Oggi vogliamo proporti una storia che parla di un grande esempio di accoglienza e solidarietà da parte di un piccolo paese della Campania.
Un libro per la Memoria, per ricordare il coraggio silenzioso di un piccolo paese italiano dinanzi all’orrore delle deportazioni.

Quando tacere non è sinonimo d’omertà

Il silenzio dei giusti è un libro condotto a metà strada tra ricostruzione storica e romanzo. Scorre con la stessa godibilità di una narrazione fantastica, ma al tempo stesso parla di fatti davvero accaduti: quelli riguardanti le pagine peggiori e più vergognose della storia mondiale del ‘900.

L’autore, il saggista e giornalista Piero Antonio Toma (“La Repubblica”, edizione di Napoli), ne ha tessuto la trama dopo una lunga fase di inchiesta e documentazione, con l’ausilio degli effettivi protagonisti della vicenda o dei loro discendenti. Tutti episodi reali, dunque, pur romanzati attraverso dialoghi e azioni ricostruite secondo la sensibilità dello scrittore, che catturano l’attenzione alla stregua di una pellicola cinematografica.

Copertina del libro "Il silenzio dei giusti". Memoria dell'Olocausto in Italia
Copertina de “Il silenzio dei giusti”
di Piero Antonio Toma

Il tono non è molto dissimile da quello di alcuni film sulla memoria delle vittime della Shoah, come Train de vie, capaci da un lato di sdrammatizzare un evento così doloroso, dall’altro di far sorridere e commuovere, inducendo a riflettere su quel labile confine tra meschinità umana e grandezza d’animo

Un’Italia non esente da leggi razziali

Di cosa parla, in sostanza, questo libro?

Siamo nel pieno del secondo conflitto mondiale e le leggi razziali hanno fatto sì che alcuni cittadini «cessassero di essere italiani e divenissero ufficialmente ebrei. Più soli, meno uguali», per usare le parole dello storico Michele Sarfatti, citato dallo stesso Toma. In questo clima d’odio e discriminazione, diversi ebrei napoletani furono confinati nelle campagne e destinati ai lavori coatti. Poiché avevano il divieto di servire la Patria in guerra, ma non era neppure consentito loro di rimanere inoperosi, il regime li destinò alla coltivazione dei campi abbandonati a causa del reclutamento militare.

Alcune famiglie giunsero a Tora e Piccilli: due minuscoli paesi uniti sotto un unico municipio, ai confini tra Lazio e Molise, vicino a Roccamonfina.

Lì furono accolti dagli abitanti non senza una certa diffidenza iniziale. In seguito, però, l’integrazione fu tale che dinanzi a incursioni e rastrellamenti dei tedeschi l’intera cittadinanza, podestà e cittadini dichiaratamente fascisti compresi, anziché cedere alla pratica diffusa della delazione mise in atto una sorta di “congiura del silenzio” al fine di tutelarli.

Immagine tratta dal libro "Il silenzio dei giusti" e ritraente il centro del paese di Tora
Immagine tratta dal libro: il centro di Tora all’epoca dello svolgimento degli eventi.
Sullo sfondo la torre di avvistamento

Un sottile tratto ironico per sottolineare il dramma

La narrazione potrebbe essere assimilata nel tono a una commedia francese, enfatizzata da un’atmosfera colorata di “napoletanità” fatta di gesti e dialoghi teatrali, che fanno da contraltare al dramma, evidenziandolo. La vicenda è imperniata su alcuni personaggi chiave esistiti e tratteggiati in modo sapiente, tra i quali spicca la famiglia ebrea dei Gallichi.

Tra gli episodi ironici e geniali raccontati, uno su tutti: quello che riguarda l’incursione dei tedeschi in casa Gallichi. Gina, donna acculturata e molto sagace, aveva preparato da tempo un piano nel caso in cui ciò si fosse verificato e istruito a dovere il marito Raul sul da farsi.

Nel momento in cui i tedeschi bussarono alla porta, lei, che ne conosceva la lingua e il modo di pensare in maniera perfetta, intimò loro di lasciarlo stare, perché malato di tubercolosi e molto contagioso. Nel frattempo Raul, imbacuccato sotto le coperte, provvedeva a passarle un termometro riscaldato in precedenza su un fornelletto a gas, mentre la moglie distraeva gli aguzzini ritardandone l’ingresso in camera. La temperatura innalzata a 38 gradi e l’assoluta convinzione mostrata dalla moglie fecero desistere i nazisti per timore del contagio.

La motivazione dietro alla riuscita della farsa risiedeva nel fatto che, secondo Gina, i tedeschi hanno bisogno di certezze assolute più degli italiani, perché la loro natura è influenzata dalla filosofia di Kant, Wagner e soprattutto Hegel, col suo concetto di “sapere assoluto”. Per tale ragione l’importante era mentire loro con atteggiamento convinto, quello di chi non solo ha «la certezza della verità, ma anche che essa sia l’unica al mondo».

Immagine on toriani ed ebrei, tratta dal libro "Il silenzio dei giusti".
Immagine tratta dal libro: gruppo di torani ed ebrei, tra cui alcuni componenti della famiglia Gallichi. La foto è dell’aprile del 1943

Una storia ancora attuale
per un Paese dalla memoria corta

Alcune frasi pronunciate dai personaggi appaiono incredibilmente odierne se si pensa che il libro è ambientato negli anni ’40 del ‘900 ed è stato pubblicato nel 2004.

«La gente crede a ciò che le si vuol far credere, o che le inculca chi ha il potere di non farla pensare». È quanto afferma uno dei giovani confinati, dinanzi all’incredulità di un suo compagno circa la credenza all’epoca diffusa che gli ebrei avessero la coda o fossero portatori di tifo perché poco puliti.

Oltre al registro più lieve, tuttavia, non mancano le descrizioni angoscianti legate proprio alle deportazioni, oltre a momenti pregni di malinconica suggestione. Un esempio ne è la descrizione della fuga dei Gallichi da Napoli:

«E mentre gli ultimi edifici della periferia settentrionale della città venivano risucchiati da una bruma di nebbia e pioggia, Raul si voltò indietro spalmando sul passato una delicata malinconia dell’irreparabile. Nel frattempo la voce dell’autista si levò forte e melodiosa sopravanzando il rumore del mezzo. Mentre gli utensili da cucina ammucchiati alla rinfusa inciampavano l’un con l’altro creando un accompagnamento stridente di speranza.»

Nel consigliarti la lettura di questo libro per il 27 gennaio, giornata della Memoria, al fine di riflettere meglio su quanto accettazione dell’altro e generosità siano dei valori di cui oggi più che mai necessitiamo, ti diamo appuntamento ai prossimi articoli o sulla nostra Newsletter.
E se l’articolo ti è piaciuto e lo hai letto fino in fondo, non dimenticare di commentarlo e di usare l’hashtag #ioleggotutto. Unito, questa volta, all’hashtag #memoria.

Ti aspettiamo all’altro capo del Filo, dedaliano!


Il silenzio dei giusti. Napoli 1943. Il ritorno degli ebrei, di Piero Antonio Toma, Grimaldi & C. Editori, Napoli, 2004.

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